venerdì 25 maggio 2007

collina etrusca/due

Pensosa del benessere dei suoi cittadini morti, come di quello dei vivi, l’amministrazione della città decise l’ampliamento del piccolo cimitero storico sulla collina.
Individuata l’area si iniziarono i lavori di scavo.
Ma poiché, come ognuno di noi sa, i morti soverchiano i vivi, la ruspa incontrò presto una tomba etrusca.
I lavori vennero sospesi, essendo evidente che i vecchi morti si rifiutavano di fare posto ai nuovi.
L’amministrazione cittadina, in parte per rispetto della ricerca archeologica, in parte per oculata attenzione al possibile incremento turistico, propose alla cittadinanza di lasciare indisturbati quei morti così antichi e di procedere all’edificazione di un nuovo cimitero, da collocarsi nella pianura ai piedi della città.
Ma la nuova estrema dimora che veniva prospettata per i futuri morti della città, si prospettò per molti di loro come un troppo lungo esilio dal cuore della cittadina e ai futuri superstiti come troppo scomoda per l’esecuzione appropriata del culto dei morti.
La decisione ultima venne affidata ad una Assemblea Pubblica dove il Sindaco prese le difese dei morti antichi, che meritavano il pieno rispetto che si deve alla Storia e ai popoli che la Storia hanno scritto.
Ma questa pur nobile posizione venne spazzata via dall’intervento risolutivo di un anziano cittadino che rivolse al sindaco e all’intera cittadinanza, nel più schietto vernacolo locale, la seguente domanda:- ecché, nun zo’ etrusco io?-
Di fronte alla inoppugnabilità della sua posizione non si poté che smontare e rimontare altrove la tomba etrusca, restituendo a quei vivi che un po’ già si sentivano morti, il diritto a giacere nei secoli sulla vecchia collina.

Mi sono imbattuta in questa storia recentissimamente e l’etrusco che me l’ha raccontata, nel cimitero di Tarquinia, era intento a lavare amorosamente la lastra che avrebbe sormontato la sua tomba. Richiesto del perché fosse per lui così importante dormire lì il suo ultimo sonno, se avesse in quel cimitero qualche caro cui volesse ricongiungersi e se credesse in una vita futura in comunione con altre anime, mi rispose che no, nessuna di quelle ragioni lo aveva mosso nella sua battaglia, ma “non voleva rinunciare ai suoi diritti solo perché era morto.”
Insomma una forma di previdenza lo aveva guidato.
“Mi dia retta-mi ha consigliato- ci pensi prima, se no dopo fanno come gli pare a loro.-

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