venerdì 18 maggio 2007

politica e abbandoni

Dopo molti anni rincontro un amico. Mentre mi avvio all’appuntamento penso: speriamo che non mi parli di politica.
Infatti è stata la politica a farci diventare amici molti anni fa’ e tutte le nostre conversazioni e discussioni vertevano sempre sulla politica.
Ma neanche lui sembra averne voglia. Si parla di altre cose, le nostre famiglie, i figli, la musica (lui è un musicista), le vacanze, vecchi amici comuni.
Al momento di salutarci mi fa: -lo sai che non ho votato?-
Oddio, si comincia - penso.
Minimizzo: -non sei stato il solo.- E cerco di tranquillizzarlo-Ti capisco. Il panorama è tale..-
Ma lui lo ripete -non ho votato- con l’aria di confessare di aver mangiato il cuore dei suoi figli.
E in piedi sul marciapiedi mi rifà la storia della sinistra italiana da Turati in giù. Vedo partire dal capolinea due autobus che potrei prendere ma non riesco a fermarlo. Ho gravi difficoltà a interrompere la gente che parla. Sono famosa per questo.
Lui parla a ruota libera. Ogni tanto butto là una frase, tanto per far vedere che lo seguo, ma lo ascolto solo a tratti. Sembra inarrestabile. Il tono è quello della delusione e dell’amarezza. Ad un certo momento capto questa frase: -e poi Marcella mi ha lasciato.- Torno in me. Marcella? Tua moglie? Ti ha lasciato? Sì-confessa.- Ma poco fa’ hai detto che sta bene- obietto. -Sì, sta bene ma con un altro -dice lui, e fa un sorriso amaro.
Cerco di scherzare. -Non sarà mica perché non hai votato?-
Infatti mi sfugge la relazione fra Turati e l’abbandono da parte della moglie, ma di botto gli si riempiono gli occhi di lacrime.
Oh, no, questo no, penso. Non so cosa dire. Ignorando tutto della storia non posso ricorrere a nessuna frase di consolazione. Cautamente interrogo: -quanto tempo è? - Al momento è la sola frase che mi viene in mente.
-Il 7 di marzo.- Questo mi impressiona più delle lacrime. Quella data così precisa sembra quella di una morte. Mi si stringe il cuore per lui.
Che faccio ora? penso. Va bene me lo porto a casa. -Dai, vieni a cena da me, così parliamo un po’. -Intanto penso rapidamente che cosa posso dargli da mangiare.
Questa è una grande prova di affetto, perché io letteralmente odio avere qualcuno a cena da me.
Lui sembra ricomporsi, guarda rapidamente l’orologio- Grazie, sei un’amica ma non posso.- I figli passano a trovarmi.-
Respiro di sollievo. Ho mal di testa, sono stanca e devo andare.
Sai che facciamo?- dico- ci vediamo una di queste mattine e ci facciamo una bella chiacchierata. -Sì- fa lui contento- sì ti chiamo.
Ci salutiamo. Salgo sul mio autobus. Mentre aspetto che parta guardo distrattamente fuori dalle porte ancora aperte. Lui è sotto la pensilina accanto ma guarda da un’altra parte. E poi vedo una bella ragazza in jeans con un pezzo di pancia scoperta e il fodero di uno strumento musicale in mano che attraversa correndo.
Gli si getta praticamente addosso e se lo stringe appassionatamente.
Lui non è un brutto uomo ma quella ragazza è decisamente troppo per lui! Intuisco che è una sua allieva del Conservatorio.
Non so perché ma mi incavolo di brutto. Mi sporgo dall’autobus e lo chiamo. Due volte, prima che si sciolga dall’abbraccio. Vorrei dirgli diverse cose, che mi ha fatto perdere due autobus e aumentare il mal di testa e soprattutto che mi ha fatto sentire male per lui, e che è uno spudorato bugiardo, ma non mi viene in mente niente di rapido ed efficace, così ripiego per un’anatema al volo. -Non hai votato? Mi guarda, perplesso. -Non hai votato? -ripeto- Con un cenno conferma che no. -Bhe, vergognati!-
Viva la politica!

2 commenti:

  1. Bellissimo, Marina! I tuoi racconti mi piacciono un sacco. Hanno quell'immediatezza delle cose non banali ma neanche troppo cerebrali. Non so come dire... probabilmente lo diresti meglio tu.

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  2. arigrazie Artemisia.

    Dici tutto molto bene da sola, credi!

    ciaomarina

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