sabato 2 giugno 2007

agente di viaggio/riflessioni

Poche cose mi fanno soffrire come scoprirmi ingenua.
Pensare che mentre tornavo felicemente a sentirmi complice con B. lei stesse invece artatamente liberandosi di me, mi fece sentire la più stupida delle donne.
Dette inoltre ragione a lei su tutte le storie del cuore di burro e della scarsa competitività.
Non solo si impadroniva dell’agenzia, ma mi cristallizzava nell’immagine di una donna incapace di misurarsi con il mondo come davvero è, destinata alle sconfitte perché incapace di battersi davvero.
E’ stato un periodo orribile. C’è voluto del tempo per riuscire a capire che era giusto così, che di noi due lei era quella che desiderava di più l’agenzia ed era giusto che l’avesse. La desiderava talmente che aveva potuto commettere un reato per averla.
Tutto quello che io ero stata disposta a fare era cercare un accordo indolore per tutte e due. Ma mentre per me era indolore per lei era insopportabile. Per questo vinse. Motivazione più forte.
B. tenne l’agenzia qualche anno ancora poi la cedette. Io mi trasferii a Parigi.
Lei continuò a lamentarsi con le nostre amicizie comuni perché me ne ero andata a Parigi lasciandola con quella rogna dell’agenzia!

Per molto tempo le ho portato rancore. Adesso quando la ricordo penso soprattutto al periodo in cui viaggiavamo insieme e ci facevamo matte risate. Continuo a non servirmi delle agenzie di viaggio. Penso sempre che dentro possano scorrere delle correnti sotterranee di ostilità.
Ho cercato di raccontare la fine della mia agenzia di viaggi come l’avrebbe raccontata un uomo. Pochi fatti e via. So di non esserci del tutto riuscita, ma insomma ho raggiunto una buona approssimazione. Potrei però raccontarla come la racconterebbe davvero una donna, che è poi come davvero l’abbiamo vissuta.
Se la raccontassi così comparirebbero parole come sofferenza, paura, esitazioni, incertezze, sensi di colpa, lacrime, dispetti, tutto un groviglio di sentimenti contraddittori, orgoglio, timidezza, gelosia, invidia, pentimento, rabbia,indecisione, offesa, tradimento, aggressività, senso di inferiorità, scrupoli e paure...
E potrei continuare. E raccontare i duecento scontri, le discussioni accanite, finite con le lacrime di entrambe, le riappacificazioni, le liti per sciocchezze, le piccole meschinità, le ripicche...troppe cose e il racconto virerebbe verso il dramma a due, dove la morte di un’amicizia ventennale fa soffrire entrambe, ognuna con i suoi torti e le sue ragioni. E se mi sento di dire che la fine è stata tale da darmi una ragione amara, mi sento anche di dire che se avessi avuto più intelligenza, più lungimiranza, e meno orgoglio, forse io avrei potuto evitare la sconfitta e lei la slealtà.
Ma la morte di un’amicizia è uno spettacolo triste che è meglio non mettere in scena.
Perciò mi fermo qui.

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