mercoledì 25 luglio 2007

professò/in borgata

Quando sbarcai in borgata il mio stile di insegnamento dovette necessariamente subire un’ evoluzione. Dovetti imparare ad arrabbiarmi molto con i miei alunni, a rimproverarli con durezza, a minacciarli, a fare la faccia feroce. La mia passione li divertiva. -Che ti frega di noi? -mi sfidò uno.-Quando lo scopro te lo dico -gli risposi.
Al termine dell’anno fu bocciato. Fuori della scuola la sera degli scrutini mi si avvicinò. Gironzolavano intorno al luogo del delitto dal primo pomeriggio e adesso erano lì per carpire qualche anticipazione. -Non ce l’ho fatta vero?- Feci segno di no. -Va bene -fece allegramente –nun te la prende.- E chi se la prende?- provai a ribattere. -Non è me che hanno bocciato. -E allora nun fa’ quella faccia. -Era spudorato e aggressivo. -Ma io nun ce torno ‘staltr’anno a scuola. Con la F. nun ce voglia andà. -E allora dovevi studiare, pollo! perchè l’anno prossimo vai proprio con la F-. Ma l’anno successivo non tornò. Era già inserito nel sistema di piccola delinquenza della borgata. Non era colpa di nessuno. O meglio era colpa di tutti. Di tuttti noi. Veniva a scuola, ma ogni tanto eseguiva qualche lavoretto in famiglia. Portava le gomme che il fratello rubava, alla borgata Finocchio, guidando, senza patente, un camioncino. Lì un gommista le “lavorava”. -Ma che vuol dire che le lavora? chiedevo io. -Ah ma non capisci niente! le vende no?-Le tue so’ lisce professorè, te le rimedio io. Se vuoi te le faccio trovà cambiate.- Stai lontano dalla mia macchina, tu e le tue gomme!- Un altro invece mi aveva insegnato ad aprire la 500 con quelle chiavette metalliche con cui si aprivano le scatolette di tonno. - Nun se sa mai professoré è meglio che t’impari.- Ma non mi serve, ma che ci devo fare? protestavo io.- Ma la faccenda mi incuriosiva. -Ah ma sei di coccio! sbuffava ai miei fallimenti. Alla fine imparai E poi dovetti imparare a “sgommare”.Con la 500! -Dai sgomma professorè, facce vedé.-
Per una settimana parlammo tutti in dialetto. -Il primo che parla in italiano nota sul registro!- Credevano fosse una passeggiata. Invece l ’italiano riaffiorava proprio mentre non lo volevano usare. Scoprirono che un po’ d’italiano lo avevano anche loro. -Ammazza professoré ma allora parlo italiano!- Adesso che si è stabilito che l’italiano lo parlate anche voi, guai a chi non lo usa.- Ogni infinito tronco (andà, mangià, studià) era un segno sul diario, ogni sei segni mettevo una insufficienza. -Non vale -mi disse uno -è sempre lo stesso errore, solo che lo ripeto. -Accolsi la protesta. E si andava avanti così, guadagnando una parola corretta a volta. Avevo introdotto la trattativa sindacale in classe. Beh, una trattativa sui generis. Una cosa che mi irritava molto era quando qualche collega affermava che per lei/lui tutti gli alunni erano uguali e tutti trattati allo stesso, stessissimo modo. –Imparziale, sono!-
-Se tratti tutti i bambini allo stesso modo è perché li consideri banchi. Non solo è umanamente impossibile ma non è neanche didatticamente appropriato-replicavo.
Apriti cielo. Il fatto è che ogni insegnante nel momento di giudicare ritiene di essere Dio in persona, imperscrutabile ma giusto. La Giustizia personificata anzi, con la bilancia in mano e il manto che struscia in terra.
Già teologicamente che esista una Giustizia divina la trovo un’ affermazione difficilmente sostenibile, ma didatticamente poi! Di tali soggetti vi consiglio di diffidare. O sono talmente inconsapevoli dei loro propri sentimenti da rasentare la cecità o ne sono altamente consapevoli e mentono per coprire antipatie, parzialità, ingiustizie. Io diffido anche dei genitori che sostengono che tutti i figli sono uguali per loro, amati dello stesso amore e trattati con la stessa tenerezza. Ma questo ha poco a che fare. Personalmente non ho mai chiesto a me stessa di essere giusta, ma corretta sì e i miei alunni avevano l’indicazione di avvisarmi di quelle che ritenevano ingiustizie. Non che io cambiassi automaticamente il mio giudizio, ma poteva capitare che loro convincessero me o viceversa. In ogni caso ci spiegavamo. Tentarono di allargare le maglie di questa trattativa minima. Alzarono un po’ la voce, secondo il vecchio principio sindacale che è meglio se ti fai sentire. -Molto bene- dissi- voi ritenete di saper giudicare meglio di me. Può darsi che abbiate ragione. Per due settimane applicherò i vostri giudizi.- E preparai un registro a parte. Non arrivammo mai alle due settimane. Successe di tutto. Non ce n’era uno contento del giudizio espresso dal resto della classe su di lui. Fu una saggissima alunna che risolse la questione.-È meglio se i voti li dai tu, Professorè, così dobbiamo liticà solo co’ te-.
Il concetto di programma, in quelle condizioni, era molto aleatorio.
-E il Pascoli? mi chiese il Preside quando gli portai la mia relazione sul programma svolto.-Il Pascoli?- Sì, che mi dice del Pascoli?-Il Pascoli, Preside? Vediamo. Nacque a San Mauro di Romagna, nel 1855, credo... -Professoressa! lei mi piace ma esagera!-
Esageravo, sì. Ma del resto questa parola me la porto appresso da una vita: esagerata. Insieme a eccessiva. E a tutti i possibili sinonimi. Via via, con progressivi slittamenti di significato, si arriva a folle. Non mi credete? Dizionario dei Sinonimi e dei contrari del Gabrielli. Vi fidate del Gabrielli?
Sinonimi per esagerato: iperbolico, caricato, smodato, amplificato, enfatico, esorbitante, eccessico, sopreccedente, esorbitante, soverchio, sproporzionato, immoderato, fuor di misura, intemperante, irrazionale, anormale, folle.
Voilà!
Io sono la prova provata della totale mancanza di senso dei segni zodiacali. Infatti io sono una Bilancia!

Inoltre, io mi considero la quintessenza della razionalità, del “testa sulle spalle” e “piedi in terra”. Agisco razionalmente. O almeno ci provo. Quanto a quello che sento è un’altra storia. Ma saranno pure affari miei, o no?

3 commenti:

  1. Bello spaccato della società. E soprattutto concordo col tuo principio secondo il quale è impossibile che gli alunni, come i figli, sianoo tutti uguali.

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  2. neanche i pazienti sono tutti uguali, vero?

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  3. Nella nostra società quando una persona eccede in estroversione può essere definita tranquillamente "pazza o folle", se invece eccede nell'introversione...nulla di tutto ciò.
    Il pazzo, la folle è - per la nostra società - chi fa troppo. Mai chi fa troppo poco, chi non osa, chi si ritrae al primo sussurro, chi non osa contraddire...
    Ed è in questo secondo caso,allora, che
    si finisce nella "banalità del male".

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