martedì 28 agosto 2007

nascere

In occasione della data di nascita di mia figlia, avevo scritto un piccolo post sulla mia esperienza di partoriente. Ma una giovane donna, amica di mia figlia, stava vivendo le ansie e le paure dell’attesa del parto. Parecchie paure, come è del tutto naturale. Così, sapendo che mi leggeva e temendo che il mio ricordo potesse in qualche modo turbarla, decisi di non pubblicare il mio post. Ieri il suo bambino è nato, lei sta bene, lui pure. Insomma tutto a posto.
Così, cara Nadia, ecco il mio post.
Assieme a tanti auguri e ad un abbraccio.

Era un giovedì e acquistai l’Espresso all’edicola in prossimità della clinica dove mi stavo recando a partorire.
Tranquilla e spavalda, con il mio parto in mano come la mia vita.
O almeno questo era quanto credevo.
Ma quando la parola “cesareo” fu pronunciata, oltre a trovare indelicato questo cambiamento di programma, mai concordato con il destino, avvertii un intenso formicolio interno che diceva chiaramente: mamma.
Se non un’amorosa sollecitudine, cercavo quella energia implacabile e quell’indomita volontà con cui piegava genti e fatti al suo volere.
E infatti, giunta in clinica, chiarì subito che il parto cesareo sarebbe stato preso in considerazione solo di fronte ad una più che accertata necessità e non certo per garantire un supplemento di parcella al professore.
Bastò. Partorii nel più naturale dei modi ma il professore, non avendo gradito la chiarezza di pensiero di mia madre, si rifiutò di farmi accedere anche alla blanda partoanalgesia prevista per quei tempi.

Sapendo che la natura usa il vecchio trucco di far dimenticare alle donne le traversie del parto, per indurle a procedere sulla via della continuazione della specie umana, e non volendo in ogni caso perdere il ricordo di un momento così significativo della mia vita di donna, mi appuntai un paio di concetti.
Scrissi tre sole frasi “Sono stata agita, la natura ha fatto tutto da sé.
Anche senza la presenza della mia coscienza la nascita avrebbe avuto luogo.
Sono solo un mammifero."
Comunque l’appunto precauzionale si rivelò superfluo, perché la sensazione di essere solo uno strumento cieco della forza vitale, non la dimenticai mai.
Oggi che quella nascita è lontana trentasei anni, se mi fermo un attimo a ricordare, quella sensazione è ancora là, forte e precisa come allora. Spero che nessuna donna si senta offesa da questo mio ricordo che non vuole in nessun modo inficiare la loro partecipazione consapevole al parto. Anzi, questa, non solo la riconosco come vera e preziosa, ma anche come meravigliosa.
Ma alla mia esperienza, che ho riportato con la più totale sincerità, sia riconosciuto lo stesso valore di testimonianza di quelle proposteci dalla mistica della maternità.

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