lunedì 12 novembre 2007

depressione/cinque/Illuministi fate luce!

Eccoci approdati al secolo dei lumi.
Ma, attenzione, la sua reputazione è ingannevole. Il suo carattere, fatto di spirito, ironia, leggerezza, eleganza, ragione, ottimismo, fiducia nelle scienze e nel progresso, nasconde un fondo di inquietudine. Questa all’inizio è uno stato psicologico positivo, il segno di una insoddisfazione che spinge all’azione, e che può costituire il motore del progresso.
Ma già nell’Encyclopédie, accanto a questa inquietudine positiva, ne viene descritta un’altra, detta viscerale che somiglia all’angoscia, che dà sensazioni di soffocamento, palpitazione, tristezza. Le persone più a rischio sono gli adolescenti e le donne. Se le descrizioni del malinconico cronico sono in linea con quelle dei secoli precedenti, le cause vengono meglio indagate. E tocca ai medici ricercarle. Per gli illuministi la chiave del comportamento umano si trova infatti nella fisiologia e nelle relazioni sociali. L’olandese Boerhaave descrive il corpo umano come una macchina diretta dal cervello che produce un “liquido nervoso” trasportato in circolo dal sangue. L’insufficienza del liquido o la scarsa circolazione sanguigna provoca malinconia. Questa teoria verrà generalmente accolta. Come stile di vita si consiglia la campagna, la musica, ma niente teatro, soprattutto per le donne.Quanto ai rimedi, si spazia dal tartaro alla china, dalla fuliggine dei camini alla polvere delle zampe di gambero.

A proposito di gamberi vorrei inserire una piccola noterella. Bruce Chatwin in "In Patagonia" ci dice che nella lingua Yaghan della Terra del Fuoco, lo stato depressivo è indicato con la stessa parola che indica lo stadio in cui una specie locale di gambero subisce una muta, perde cioè temporaneamente il suo guscio. Così si sente il depresso, vulnerabile, esposto, senza guscio, forse addirittura senza pelle.


Ma torniamo al secolo dei Lumi. Nei confronti del malinconico clinico si ha un atteggiamento di severità. Gli viene spesso attribuito un colpevole distacco dai valori religiosi e morali. Persino Samuel Johnson, che ne soffrì in prima persona, vede nella malinconia un segno di depravazione. Quello che si può pensare è che l’atteggiamento passivo del malinconico sia troppo in contrasto con lo spirito dell’epoca, che preferisce l’inquietudine costruttiva alla malinconia. Ciò nonostante è un uomo di questo secolo, il più grande filosofo del secolo, Immanuel Kant, che intona il più bell’inno alla malinconia che sia mai stato scritto.
È il 1766 e in Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime, Kant scrive:


(Non fate commenti sull'aspetto grafico di questo passo: ho fatto del mio meglio!)

Il testo di Kant introduce il tema della malinconia romantica che i pittori cominciano a rappresentare come una donna languida e meditabonda, come nei quadri di Francois Lagrenée e di Reynolds.





In tutto il secolo il mal di vivere conserverà una duplice natura,fatta di malinconia e inquietudine. Quest’ultima è la cifra degli intellettuali. John Locke, Spinoza, Condillac, Malebranche, Diderot, Voltaire, Rousseau, Jean Blondel, sono tutti grandi inquieti, o blandamente come Voltaire-La vita è solo noia oppure panna montata- o cupamente come Rousseau: -Se quaggiù mi venisse chiesto di scegliere ciò che voglio essere, risponderei: morto.-

Il Tempo e la Morte sono i due temi ricorrenti nella riflessione del secolo. Si discute sul senso delle catastrofi naturali. La lunga serie di cataclismi che colpiscono il secolo-primo fra tutti il terremoto di Lisbona del 1755 che causa centomila morti nella penisola iberica e più di diecimila in Marocco- spinge a riflessioni cupe e lega l’uomo alla sua necessità e alla sua impotenza. Il secolo volge al pessimismo. L’espressione “mal di vivere” viene coniata proprio in questo secolo dall’astronomo e matematico francese Pierre LouisMoreau de Maupertuis. È sorprendente che credenti e non credenti, che accanitamente si contrappongono lungo tutto il secolo, si incontrino su un solo punto: il disgusto per la vita terrena. Valle di lacrime o sogno assurdo, la vita è vuoto o dolore. Per sfuggire all’inferno della vita si ricorre alle droghe. Si scoprono le virtù dell’oppio, consigliato da medici e persino da abati. Nasce anche l’humor nero, inteso come riso amaro. Jonathan Swift (io lo amo , lo considero un potente antidepressivo e voglio ribadirlo qui)ne è l’indiscusso maestro. Fa eccezione Casanova, che non crede al mal di vivere. Secondo lui colpisce solo chi è povero o malato. Ma, anche se povero e malato, Se avesse.....una Marina, certamente cambierebbe idea sulla vita. Dico, ragazzi: ha detto una Marina! Casanova! Vi rendete conto?

La seconda metà del secolo vede una epidemia di suicidi. Il suicidio entra nel costume sociale, gli vengono dedicati interi trattati e si pubblicano persino le lettere delle sue vittime. Due figure di suicidi segnano l’epoca. Uno reale.Thomas Chatterton, un poeta inglese diciassettenne, che aspira alla gloria ma vive una vita di miseria e si avvelena con l’arsenico. In breve tempo diviene un mito: poesie, dipinti, statue, fazzoletti con la sua effigie lo glorificano dopo morto. Oggi se ne farebbero dei post e delle magliette. L’altro suicida mitico è quello letterario del Giovane Werther di Goethe. Il libro viene tradotto e ristampato a ripetizione e si diffonde una vera e propria Werthermania. Ragazze e ragazzi, con una copia del libro in tasca, si annegano o si avvelenano. Il Times, riporta decine di casi.
M.me de Stael scrive che Werther ha causato più suicidi della più bella donna del mondo e il povero Goethe viene accusato in Francia di essere “un avvelenatore pubblico”, di aver scritto un libro “infame, immorale, riprovevole”. M.me de Stael stessa si dichiara del resto sia inquieta, che malinconica, che annoiata dalla vita. Non si fa mancare nessun disagio alla moda. È solo uno dei numerosissimi casi di mal di vivere al femminile. Se ne indicano le cause nello stile di vita e nel carattere.
In ordine di gravità:
la moda, che ne copre e mortifica il corpo
le stecche di balena e i lacci dei corpetti
le creme ed i fondotinta
i profumi aggressivi
il consumo di caffè, liquori e cibi acidi
l’obbligo di avere amanti
il dovere di apparire brillanti
ma anche
la vanità
le passioni
il delicato organismo psichico(sic)

L'idolo delle donne, malinconiche o no, è Jean-Jaque Rousseau. Se Voltaire è stato lo scrittore degli uomini, Rousseau, lui, lo è stato delle donne.
La sua spiccata sensibilità, la sua tenerezza, la sua propensione per l'amore e per i sogni ad occhi aperti, la sua inclinazione per la natura e la solitudine, legittimano il modo di sentire femminile.
Se fossi vissuta nel Secolo dei Lumi, non sarei stata depressa, bensì schizofrenica. Avrei amato, come amo, sia Voltaire che Rousseau.


Francois-Marie Arouet detto Voltaire


Jean-Jaques Rousseau

Entrambi affascinanti, direi.

5 commenti:

  1. Su Casanova, ti suggerisco (oltre alla STORIA DELLA MIA VITA che è stupenda, un capolavoro purtroppo rimosso dalla storia della letteratura italiana, a scuola nemmeno mai nominato, scritto in un francese modernissimo) una lettura femminista di Giacomo.
    "CASANOVA - L'uomo che amava le donne, davvero" di Lydia Flem, edito un anno fa da Fazi.
    Il titolo originale è diverso (Casanova o l'esercizio della felicità)
    http://lucianoidefix.typepad.com

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  2. Seono affascinanti, hai ragione, ma è anche affascinantequello che scrivi. Un abbraccio, carissima amica. Giulia

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  3. Grazie Luciano, per i tuoi suggerimenti. Ho cominciato a leggere Vivian Lamarque. Prima o poi toccherà anche a Casanova. Intanto prendo nota.
    ciao marina

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