domenica 9 agosto 2009

pensieri tarquiniensi/uno

Sono la prima ad arrivare nella casa di Tarquinia e tocca a me riaprirla. L’impressione è subito spiacevole. Il prato davanti ha grosse chiazze di erba secca, si vede che non sono stati attivati gli annaffiatoi; il portico è sporco e ingombro di resti di giochi di bambini, adesivi, palle rotte, giornali sfogliati, cuscini lasciati in terra, tappi di bottiglie. C’è anche un materassino di plastica sgonfio. I due divani bianchi del portico, nostra delizia postprandiale, sono grigi e terrosi. Ad un primo giro noto alcuni danni. I vetri di due finestre sono rotti, uno è stato asportato, l’altro è ancora lì, pericolante; una poltrona è rotta in due parti, la seduta e lo schienale; il danno più grave è nella stanza da pranzo: è spezzato in due il pesante cristallo molato del buffet di quella che era la stanza da pranzo dei miei genitori: anni trenta, noce e mogano, linee curve, bellissimo. Scopro altri piccoli danni: una macchinetta del caffè bruciata, una fiamminga in ceramica di Vietri spezzata, rotto l’orologio da muro in cucina. Alcuni mobili sono stati spostati, alcune reti che erano nel garage sono state portate nelle stanze. E’ evidente che la casa è stata abitata da molte più persone delle sei che si erano dichiarate. L’agente che è incaricato di affittarla mi sentirà.
Il prato dietro la casa fa piangere di rabbia. Pieno di pezzi di carta, giocattoli rotti, bicchierini di plastica, tappi. Non so spiegarmi perché il minuscolo lillà che avevo piantato e poi circondato di una retina di protezione sia stato divelto, ma è lì secco in terra. In terra è anche l’ombrellone bianco e i cuscini delle poltroncine di vimini: sono sporchi, coperti di aghi di pino, umidi.
Io odio dover affittare la casa ad estranei e così anche le mie sorelle. E so che mio padre e mia madre disapproverebbero. Ma benché siamo in tre, le mie sorelle ed io, non riusciamo a sostenere le spese della manutenzione di questa grande casa costruita nel 1970 che richiede cure costanti e costose. Così siamo costrette ad affittarla nel mese di luglio mentre ad agosto ne riprendiamo possesso.
La cifra che ne ricaviamo copre le spese consortili e la bolletta dell’acqua di irrigazione. Circa un quarto dei costi di manutenzione di un anno. Ogni anno ci diciamo che l’estate prossima non affitteremo. Poi le spese corrono; ogni tanto ci informano di qualche danno: alla pompa sommersa del garage o al motorino della caldaia, oppure al citofono oppure ancora sono volate le tegole del tetto ed è piovuto in qualche stanza. Qualche volta i problemi sono più grossi: il serbatoio del gasolio non è più a norma e ne va installato uno nuovo o l’impianto elettrico esterno è saltato e le luci sono tutte fuori uso o le persiane di legno cominciano a marcire. Anno dopo anno, con metodo ed oculatezza noi sister, come ci chiama mio marito, provvediamo, tamponando un danno qui e risolvendo un problema là, e sognando una improvvisa ricchezza che ci consentirà di fare in casa tutti i lavori di manutenzione straordinaria necessari e magari anche delle importanti migliorie. Circa le migliorie ci sbizzarriamo: c’è chi vorrebbe mettere l’aria condizionata nelle stanze; io dichiaro che è una spesa superflua e mi rifiuto di finanziarla; tutti sognamo una piscina, la vorremmo a livello del prato con comodi gradini per la discesa; io vorrei l’irrigazione automatica dei due prati, la Terza Sorella un piccolo ripostiglio esterno in legno per sdraie e lettini; i mariti, all’unanimità e saggiamente, rifarebbero tutti gli impianti: idraulico, elettrico, di riscaldamento. Io punto al wi-fi; la Prima Sorella dichiara che non permetterà che un solo soldo venga speso così inutilmente; ma appoggia la mia proposta di una cucina esterna, tutta in maioliche; La Terza Sorella invece la boccia: è inutile che bussiamo a soldi per una seconda cucina, lei non caccerà una lira! Siamo veementi e sognanti insieme, passiamo pomeriggi interi ad accapigliarci su spese fantomatiche che non potremo mai permetterci. Si creano alleanze e baratti.
-Se tu mi fai ritagliare una finestra nel balcone della mia stanza io ti faccio mettere in comunicazione la tua con il bagno accanto, così lo usi solo tu.
-No, il balcone non si tocca, creerebbe un’ asimmetria!
-Ma se il tuo è aperto!
-Sì, ma il mio è nato così.
-Allora il bagno tutto tuo te lo scordi.

Io progetto di coprire il piccolo patio interno con un tetto apribile di vetro e di farne uno studio per me.Tutti mi guardano a bocca aperta. Che idea strabiliante! Entusiasma tutti. Sì, ma perché per te? E discutiamo come se davvero fuori dal cancello ci fosse una ditta pronta a lavorare al patio. La Terza Sorella vuole sostituire la siepe. In effetti ne ha bisogno, ormai i rovi hanno soffocato le vecchie tuje di cui restano essenzialmente rami aggrovigliati. Sul tappeto è ora la scelta delle nuove piante. Oleandri, dice la Terza Sorella. Banali, replica la Prima Sorella. Gelsomini, dico io. Troppo delicati, obietta la Prima Sorella. Allora la Terza Sorella ed io ci guardiamo e: Caprifoglio! dichiariamo in tono definitivo. La Prima Sorella, in minoranza, è costretta al silenzio. Ma la siepe, anche quest’anno, non si farà.
Nel gestire la casa noi sister andiamo molto d’accordo, anche se siamo temperamentose tutte e tre e molto diverse l’una dall’altra. Le grosse decisioni vengono prese all’unanimità, e non c’è neanche bisogno di discutere. Altrimenti funziona la maggioranza. E la perdente non porta rancore. Sa che presto si rifarà, costituendo una nuova maggioranza su qualche altro punto. Ogni tanto però ci piace pensare che la casa sia divisibile per tre e studiamo progetti pazzeschi e rivoluzionari, dividendo la casa in tutti i sensi: prima in quello della larghezza, a grosse fette, poi in quello dell’altezza, a strati. Di fronte alla inattuabilità di tali progetti ci arrendiamo. E poi la casa è troppo bella, non ne toccheremmo un mattone.
E ci rassegnamo ad andare d’accordo ancora un altro anno.

Domani arriveranno la Prima e la Terza Sorella. Vado a fare qualche lavatrice: voglio che trovino i divani e i letti coperti dai bei teli colorati che sono approdati qui, in quarant’anni, dai quattro angoli del mondo. Così sarò io a decidere, insindacabilmente, la loro disposizione!
Le assenti hanno sempre torto: così recita il regolamento.

1 commento:

Non c'è niente di più anonimo di un Anonimo