domenica 16 agosto 2009

pensieri tarquiniensi/tre

Anche questa estate eccoci qui nella nostra casa di Tarquinia, noi tre sisters e i nostri mariti. Per molti anni ognuno di noi ha passato le sue vacanze in posti diversi del mondo ma da tre anni, per varie ragioni, nel mese di agosto siamo tutti qui.
La casa è grande e consente ampi margini per viverci senza urticarsi troppo.
Ci vuole naturalmente un po’ di duttilità e buona volontà da parte di tutti.

La casa è ad ottocento metri dal mare, ma il mare non è un bel mare. Aveva una sua bellezza semplice quarant’anni fa', quando mio padre costruì la casa, -la costa diritta e nuda, le dune con i gigli di mare, la spiaggia grigia e leggera- ma il mare ormai è sporco, le dune impoverite, le case a ridosso.
La campagna però è molto bella -una campagna operosa- e la città di Tarquinia è un gioiello antico. Da anni quando vengo nella nostra casa, al mare non mi ci affaccio neanche.
La considero una casa di campagna arieggiata da aria di mare. Il mare lo guardo da lontano, dall'alto della cittadina -e allora è bello e luminoso come tutti i mari- o dalla terrazza del piccolo cimitero monumentale -e allora diventa addirittura misterioso: in vista di quel mare i morti riposano da qualche migliaio di anni.
Se avrò voglia di mare raggiungerò Capalbio -a pochi chilometri- con spiaggia e mare puliti e per niente affollati o, spingendomi più a nord, Talamone. O mi fermerò ad Ansedonia. Un piccolo tuffo tra i veri ricchi e nell'acqua gelida di quel tratto di mare.
Ma forse resterò campagnola.
La mia intenzione per questo soggiorno a Tarquinia è di leggere, scrivere, pensare, camminare.
Un'atmosfera di pigrizia ci prende tutti appena arriviamo qui e si aggiunge a quella che già caratterizza le mie sorelle.
La Prima Sorella odia ogni tipo di moto; credo di non averla mai vista correre, forse qualche volta avrà affrettato il passo per giungere in tempo ad un appuntamento. Ma non ne sono certa: la puntualità non è una delle sue preoccupazioni.
La sua sistemazione prediletta è su un divano, mollemente distesa, la sigaretta in una mano e una minuscola strisciolina di carta di giornale che arrotola e srotola tra le dita.
Veramente ha allevato un figlio, passando attraverso periodi di floridezza economica ma anche di ristrettezze e quindi le sue corse e i suoi affanni li ha avuti anche lei. Ma, passata la turbolenza economica, riassumeva immediatamente la sua posizione naturale. E se la debbo pensare a distanza io la penso sul suo divano, con la sua sigaretta e il suo "rotolino". Ciò nonostante è ancora attiva, nel commercio, ma, a parte quando lavora, il moto fisico la disgusta.
La sua pigrizia ha le sue eccezioni nei pranzi e nelle cene che le piace organizzare. Pranzi e cene semplicemente perfette, con pietanze di una cucina classica, solenne, che ha sempre resistito agli accoppiamenti di sapori tanto fantasiosi quanto improbabili e privi di armonia che la moda della Nouvelle cusine ha introdotto nella gastronomia italiana.
La tavola che apparecchia a casa sua è sempre talmente bella da intimidirmi un po'. Tutti quei bicchieri brillanti, le posate barocche, i piatti decorati. E la varietà di tovaglie e vasellame. Mia sorella ha un talento speciale per ricevere. Una capacità naturale nel guidare cameriere ed aiutanti con cortesia ma decisione ed ottenere sempre il risultato che si aspetta. Il tutto conservando la sua aria bonaria.
La Terza Sorella ha un tipo diverso di pigrizia che si applica, oltre che al moto fisico, al pronunciare parole, anche durante pranzi e cene. L'eccezione alla sua pigrizia è sempre consistita nel rispondere ai desideri e alle esigenze di Nostra Madre. Il rapporto tra la Terza Sorella e Nostra Madre è sempre stato di infinito amore reciproco. Quando Nostra Madre si è fatta più anziana, la Terza Sorella, in occasione delle feste natalizie, ha messo da parte la sua pigrizia e si è alternata alla Prima Sorella nell'organizzare a casa sua i pranzi e le cene particolarmente laboriosi della nostra tradizione familiare. Io no. Io ho sempre dato il mio contributo lavorando nella mia cucina -agnolotti e cappelletti fatti a mano, preparazione dei fritti, brodi, sughi, paté ecc- trasferendo poi il tutto, con mio grande sollievo, alternativamente nella casa della Prima Sorella o in quella della Terza Sorella. Ci fu una sola eccezione, ricordata come memorabile sia da loro che da me, in occasione di un intervento chirurgico subito dalla Prima Sorella e tenuto nascosto a Nostra Madre. Poiché la Terza Sorella sa organizzare i pranzi ma non sa cucinare, lei assistette la Prima Sorella in clinica e io cucinai e organizzai in casa mia i pranzi e le cene di rigore. Solo dopo Nostra Madre venne a capo di questa assoluta e strabiliante novità. Dalla prova uscii promossa ma psicologicamente sfinita per l'ansia da prestazione, soddisfare le aspettative materne essendo un compito da far tremare "le vene e i polsi".
La Prima Sorella invece ha sempre amato competere con il modello materno, per me inarrivabile, di riunioni familiari. L'amore tra Nostra Madre e la Prima Sorella non era inferiore in tenerezza a quello che la univa alla Terza Sorella, ma conteneva un piccolo filo di reciproco dispetto. La Prima Sorella aveva subito docilmente l'autoritorismo materno in tutta l'infanzia ma, divenuta donna, aveva cominciato a nutrire un po' di rancore, e di voglia di ribellione, anche se attutiti dalla somiglianza dei gusti; Nostra Madre, dal canto suo, che era stata irritata e delusa dalla mancanza di volontà negli studi da parte della Prima Sorella, gliene voleva ancora un po'. Non tanto perché desse una grande importanza agli studi, quanto perché la Prima Sorella si era fatta superare da me. Ma soprattutto Nostra Madre aveva vissuto la relativa emancipazione della Prima Sorella dalla sua volontà, con grande dispetto e come perdita di potere. La Prima Sorella continuava ad essere dentro di lei la figlia dolce e bisognosa di protezione, perciò la sua sopraggiunta capacità di opporlesi la faceva doppiamente arrabbiare. Ma basta di parlare di amore materno: in presenza di più figli non è mai, secondo me, una buona idea. Io penso infatti che l'amore materno -come quello paterno del resto- molto difficilmente possa essere distribuito egualmente.
Se questo fatto mi appare del tutto ragionevole e spiegabile -poiché ogni figlio ha una diversa personalità questa può incontrarsi o scontrarsi con quella dei genitori- penso, non di meno, che tanta obiettività possa essere fatta propria dai figli ormai adulti, ma non possa compensare mai né mai recare sollievo a quello tra i figli che ha ricevuto meno amore.

La personalità di noi tre sorelle è molto diversa e solo il grande affetto che ci ha sempre legate ci ha consentito di conservare il nostro rapporto senza grossi conflitti anche dopo la perdita dei nostri genitori.
A onore di tutte e tre bisogna dire che nessun conflitto è nato per questioni materiali o di interesse. In questo abbiamo appreso la lezione familiare, che ci indicava i beni materiali decisamente e definitivamente insignificanti rispetto agli affetti.
Se qualche conflitto c'è stato ha riguardato piuttosto il confronto di volontà e mentalità e la differenza di approccio ai vari problemi, oltre alla rivendicazione di piccoli oggetti, di valore puramente simbolico: il "mattarello" con cui Nostra Madre stendeva la sfoglia di pasta all'uovo, già appartenuto a sua Madre, mia nonna Agnese; la cornice in cuoio con la foto di Nostra Madre fatta da un famoso studio fotografico dell'epoca. (Aveva ventisei anni ed era di una grande bellezza. Forse volevamo impadronirci della bellezza materna che nessuna di noi aveva ereditata fino in fondo?); i taccuini di nostro padre con i suoi turni di volo; i suoi gemelli militari bruniti, con l'aquila ad ali spiegate ed altre cose di analogo valore puramente affettivo.
Quando, sia pure frenate dal desiderio comune di conservare il nostro accordo, sono nate delle discussioni tra di noi, quello che stavamo contendendoci, a mio parere, era l'amore dei nostri genitori. Del tutto irrazionalmente io pensavo di aver diritto ad un risarcimento e avrei voluto che le mie sorelle lo ammettessero; ma, del tutto logicamente, le mie sorelle non mi riconoscevano questo diritto. Il tirare a sorte comunque mi ha consegnato la cornice in cuoio con il ritratto di Nostra Madre e i gemelli bruniti di mio padre e io mi ritengo soddisfatta.
Penso di aver avuto dalla sorte molto più di quello che mi sarebbe stato attribuito in vita da mia madre. Lo dico come pura constatazione.
Mi accorgo di aver appena scritto "mia madre", mentre mi ero data l'obbligo di scrivere ogni volta "Nostra Madre". Il fatto è che quando i figli sono più di uno, secondo me, ad ognuno tocca una madre diversa e questo pensiero, benché io lo respinga per amore di serenità, riaffiora continuamente. Nel mio caso specifico, mia madre non è la stessa Madre delle mie sorelle. I nostri ricordi sono diversi, spesso non combaciano o addirittura si contraddicono a vicenda. Quando le mie sorelle parlano di Nostra Madre io non la riconosco e le ascolto sempre con un senso di meraviglia e di incanto.
Come pure, quando parlano di mio padre, io le ascolto con un senso di fastidio e di ribellione. Immagino che accada in molte altre famiglie. Noi abbiamo avuto la fortuna e la sfortuna di avere due genitori straordinari -fuori dell'ordinario, letteralmente- per molti aspetti. Alcuni positivi, altri, molti altri, negativi.
Fa parte della loro straordinarietà il fatto di essere stati così diversi nel loro comportamento con noi tre figlie? Io non credo. Credo anzi che in questo siano stati perfettamente ordinari. Ma sono pochi i figli capaci di riconoscere ed ammettere questa disparità così dolorosa e, in quanto ai genitori, nessuno di loro è disposto a farlo. Ciò non di meno la letteratura e la psicologia testimoniano e riconoscono ampiamente questo "accidente" della natura umana.
Adesso noi tre sorelle, le sisters, ci troviamo a convivere per un po' di tempo.
So già che cosa comporterà questo. Ognuna di noi riprenderà il suo ruolo solito, quello da sempre attribuitole in famiglia ed ognuna delle dinamiche sperimentate nella fanciullezza, adolescenza e giovinezza si riprodurrà senza variazioni.
Intanto le figure dei tre mariti si faranno sempre più pallide e sbiadite agli occhi delle rispettive mogli, prese dalla rappresentazione del loro passato e torneranno a farsi visibili ai loro occhi solo quando il trio tornerà a dividersi.
Io metterò in atto la mia forma di pigrizia che consiste nell'ignorare qualunque esigenza alimentare per dedicare la mia attenzione ed il mio tempo alla lettura e alla scrittura. Ed opporrò il mio diniego ad ogni invito, per quanto allettante, ad impegnarmi in pranzi elaborati. Per non pesare sugli altri giurerò di vivere di caffellatte-panini-frutta-caffellatte.
Il Primo Cognato invece, grande cuoco e grande gaudente, si dedicherà alla cucina in forma compulsiva, con la collaborazione di mio marito sotto forma di aiutante per le attività più banalmente esecutive: triterà prezzemolo, sbuccerà pomodori, laverà cozze e spellerà peperoni, pronto ad ogni bassa manovalanza per il piacere di banchettare grazie alla iniziativa culinaria del Primo Cognato. Il Terzo Cognato, dal canto suo, farà la spesa quotidiana, quella di acquisti di routine e in fondo facili, lasciando a mio marito l'onore e l'onere delle scelte delle materie prime più delicate.
Si verificherà insomma quel miracolo per cui tre uomini normalmente poco inclini ad assumersi responsabilità in cucina, trovandosi insieme formeranno una squadra perfettamente efficiente di cuochi, che ci solleverà di ogni problema in merito. Questo sfoggio di alacrità non durerà più di una settimana, dopo di che i mariti ridiventeranno pelandroni.
Intanto però la Prima Sorella, gelosa del suo ruolo di Signora Cuoca, entrerà in violenta contrapposizione con il Primo Cognato, tentando di coinvolgermi in sfide di superiore arte culinaria.
Non ottenendo, a causa della mia pigrizia, il mio contributo, rinuncerà a competere ma criticherà aspramente le pietanze cucinate dal marito, pur mangiandole di gusto.
La Terza Sorella si farà gli affari suoi, parlando poco, osservando molto, leggendo e tentando di sottrarsi alle iniziative ricreative del Terzo Cognato.
Il Terzo Cognato infatti è un'anima inquieta, bisognoso di distrarsi continuamente. Possibilmente frequentando i grandi consorzi agricoli del posto, le affascinanti ferramenta e i mercatini locali. Per il resto del tempo solleciterà discussioni di politica, cui tutti gli altri tenteranno di sottrarsi. Grazie al cielo non ci sono conflitti politici tra di noi. Infatti, se il Primo Cognato in quanto figlio di generale dell'Arma, consevatore, maschilista ed imprenditore ha votato Berlusconi, considera però la politica un argomento di discussione privo di interesse e non raccoglie le provocazioni del Terzo Cognato. Io l'ho già avvertito che non intendo farmi rovinare l'estate dalla polemica politica e che se mi si avvicinerà sventolando l'Unità o il Manifesto e prorompendo in squillanti
"Guarda qua!" metà furiosi e metà disperati, mi alzerò e me ne andrò. Tornerò però ad unirmi a lui in occasione delle visite ai negozi di ferramenta che esercitano un fascino irresistibile anche su di me.
Le cose, più o meno, potrebbero andare così.
Ma la vostra cronista è pronta a rettifiche e smentite.

3 commenti:

  1. narrazione che avrei voluto continuasse come accade quando un racconto ti prende..

    anche il rapporto tra sorelle non è rose e fiori, assolto l'imput dell'affetto di default.

    Ho una sorella più grande anche noi due siamo diverse tanto diverse ma in comune abbiamo l'humus familiare, il bagaglio di vita comune e di lessico familiare..e molte somiglianze e appaiamenti più di quanto siamo disposte ad ammettere,

    questione complessa che tu hai voluto avvicinare e te ne riconosco il merito..

    i caratteri, i peculiari modi d'incastro, le competizioni, le gelosie affettive, le spartizioni le turbolenze inconsce, le dinamiche di relazione..sono mille variabili da considerare..il non detto che pesa e condiziona più di quanto si voglia e si possa tollerare,
    non è semplice decifrare ma com'è entusiasmante tentare di capire, di capirci e di capirsi!

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  2. I tuoi racconti familiari esercitano sempre una grande fascino su di me.
    Baci

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  3. Bello e ricco di spunti interessanti questo affresco familiare. E' vero: i genitori non sono uguali verso i vari figli, ma io questo lo trovo positivo. Non siamo macchine.
    In attesa di sapere se poi è andata veramente così, ti abbraccio. Ciao Marina!

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