martedì 26 gennaio 2010

carte di identità/Alì Shariati



La sorte dell' Iran continua ad appassionarmi. Vorrei tanto per quel popolo un lieto fine, dopo un secolo di violenze di ogni tipo: coloniali, dittatoriali, belliche, rivoluzionarie, ideologiche. Un approdo alla democrazia, una semplice, modesta democrazia non utopica.
Leggo tutto quello che posso sull'Iran: letteratura, saggi, cronache.
Una figura di grande interesse è quella di Alì Shariati ( Mashaad 1933- London 1977)

Alì Shariati, sociologo e filosofo, con il suo discorso intellettuale contribuisce a preparare la rivoluzione iraniana contro lo Sha ma muore prima della fase rivoluzionaria -forse di crepacuore, forse eliminato da sicari iraniani- a Londra, dove si è rifugiato dopo un periodo in carcere. Suo padre era un pensatore rivoluzionario, molto critico nei confronti del clero e propugnatore di una riforma dell'islam sciita; sostenne una distinzione tra islam coranico e islam superstizioso; riteneva ad esempio infondata la credenza nell'attesa del Dodicesimo iman; questa posizione probabilmente gli costò la vita.
Alì Shariati cresce alla scuola di suo padre e ne eredita l'interesse per il rapporto tra religione e politica. Ma ha un'indole più complessa che lo porta ad alternare periodi di attivismo politico ad altri di appartata riflessione.
Studia sociologia e filosofia in Francia dove frequenta Massignon, Sartre e Franz Fanon.
Matura lì un pensiero del tutto originale che mescola insieme gnosi, misticismo, esistenzialismo, marxismo e sciismo. Questo, in particolare, diventa nel suo pensiero oggetto di una critica radicale che egli paragona a quella del protestantesimo luterano nei confronti della Chiesa di Roma. Egli stesso definirà la sua posizione "protestantesimo islamico".

Nel periodo parigino Alì Shariati entra in contatto con i dissidenti iraniani all'estero.
Nel 1963, tornato in Iran è subito arrestato alla frontiera dalla Savak, la famigerata polizia politica dello Sha. Uscito di prigione si allontana dalla politica attiva e studia  il sufismo, ne legge i testi classici e medita. Questa sua lontananza dalla politica gli fa ottenere una cattedra universitaria. Inizia così una nuova fase politicamente attiva della sua vita, quella delle lezioni seguite da studenti infiammati e affascinati dal suo pensiero che affollano la sua aula assetati di una visione più complessa e moderna della società. Nelle sue lezioni svolge un' analisi marxista della società, critica severamente il clero parassitario ed oscurantista e l'approccio superstizioso al Corano, e alza sempre più forte la voce contro la illiberalità del regime dello Sha Palhavi. Si fa così tre nemici: i partiti di sinistra a causa della sua attenzione alla religione -cui egli rivendica il ruolo di forza mobilitatrice delle coscienze e che invece i movimenti di sinistra bollano come"sovrastruttura"-;  lo Sha e il suo potente apparato repressivo e il clero sciita.
In quegli anni pubblica "Islamologia", in cui sostiene che l' Islam non è incompatibile con la modernità; la religione islamica, quale descritta nel Corano, sostiene, si basa sul consenso e dunque sulla democrazia; gli ulema, invocando il monopolio della interpretazione vogliono sostituirsi a Dio e pertanto sono idolatri; lo Sha stesso si presenta come nuovo idolo ed il clero è suo complice. Queste le sue più radicali affermazioni.
Egli dimostra che è possibile studiare il Corano alla luce della ragione e affronta senza ipocrisie anche la condizione femminile.
Alì Shariati diviene così punto di riferimento per una generazione di intellettuali che rivendicano un discorso non clericale sulla religione.
Ma egli non si pone né contro né fuori la religione, trasforma anzi la religione in ideologia, in dottrina politica capace di orientare individui e masse. Questo aspetto del suo pensiero sarà molto apprezzato da Komeini che lo userà nella sua propaganda pre e post rivoluzionaria.
Il libro ha un grandissimo successo, diviene una specie di libretto rosso per le giovani generazioni ma susciterà anche forti e pericolose reazioni.
Le tesi del libro scardinano dei punti fermi della tradizione sciita.
Per Shariati l' imamato, la guida del popolo da parte di un imam illuminato, ha una funzione simbolica, come l'idea di una società senza classi per il marxismo.
Egli invoca un Islam senza chierici.
Rilegge il Corano sottolineandone gli aspetti liberali e la grande attenzione data alla giustizia sociale. Sottolinea la divisione, presente nel Corano, tra oppressi e oppressori e mette per la prima volta in contatto settori attenti ai valori religiosi con l'intellettualità di sinistra e la gioventù urbana secolarizzata.
Per Shariati l' Islam è il principale vettore di liberazione degli oppressi. Egli conia una nuova
parola d'ordine: Islam terza via. Una via cioè che scorre tra capitalismo e comunismo, tra materialismo e idealismo.
Egli studia il rapporto tra i sessi nella società islamica. Critica la reificazione femminile.
La donna tradizionale, dice, è merce sessuale che passa dal padrone padre al nuovo padrone cui il padre la vende; la donna modernista che tenta di emanciparsi per imitazione del modello occidentale cade però in un mimetismo caricaturale; le donne mussulmane debbono costruirsi una identità propria attraverso la riscoperta delle proprie radici. Il modello additato da Shariati è Fatima, la figlia del profeta Maometto.
Ma Shariati precisa che Fatima non va seguita in quanto madre degli imam Husayn e Hasan o come moglie di Alì, il primo Imam dello sciismo, e neppure come figlia del Profeta, ma come donna che partecipa attivamente alla vita politica. Il Corano, dice, la mostra mentre svolge ruoli familiari ma anche sociali e politici.
Così Shariati propone alle donne iraniane Fatima come modello femminile attivo nella società.
Il suo motto lapidario è: Fatima è Fatima,  non è figlia o moglie o madre: è solo Fatima.
I vertici del clero si preoccupano per queste sue posizioni, ma Komeini, dal suo esilio, intuisce che Shariati con il suo grande seguito e la sua difesa della religione può essere utile al suo progetto di rivoluzione religiosa e frena il clero in subbuglio e pronto a dichiarare Shariati apostata.
Ma il regime dello Sha, che teme per l'impatto della suo critica sociale e politica, lo arresta nel 1973.
Sarà una campagna internazionale a farlo liberare nel 1975 (anno in cui l'Iran dello Sha è definito da Amnesty International come paese peggior violatore dei diritti umani- cosa questa che in occidente in molti hanno dimenicato). Quando esce dalla terribile prigione di Komiteh, ancora oggi sinonimo di terrore, Shariati è molto provato fisicamente e psicologicamente e ripara a Londra.
Per costringerlo a tornare il regime blocca la moglie e le figlie mentre stanno lasciando Teheràn per raggiungerlo. Per Shariati è un colpo terribile. Tornato dall'aeroporto dove era andato ad attendere l'arrivo della sua famiglia, si mette a letto dove verrà trovato morto il mattino successivo. Secondo i suoi seguaci la sua morte misteriosa è dovuta ai sicari dello Sha o del clero stesso.
Così Shariati non vedrà la rivoluzione islamica che ha contribuito a preparare, non vedrà le donne velate nei cortei contro lo Sha né la ridistribuzione dei beni confiscati al dittatore e alla sua nomenclatura.
Ma non vedrà neanche l'uso che Komeini farà delle sue parole d'ordine. I'Islam nero di Komeini salirà infatti al potere anche grazie alle parole d'ordine dell'islam rosso di Shariati. La sua figura poi verrà ridimensionata e infine liquidata da Komeini. Nella costruzione della sua teocrazia Komeini dirà che in attesa del Dodicesimo iman e del suo regno di giustizia gli ulama ne esercitano il potere. Proprio ciò che Shariati contestava! Oggi le sue idee sono ancora usate, in forma distorta, dal potere degli ayatollah e da Ahmadinejad.
Malgrado tutto però il "vero" Shariati non è stato dimenticato. La sua casa di Mashad è stata trasformata in un piccolo museo.




5 commenti:

  1. Grazie Marina, hai contribuito a farmi conoscere un personaggio straordinario, di cui ignoravo tutto, un uomo le cui idee avrebbero sicuramente contribuito a favorire un dialogo fra culture diverse.

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  2. molto bello e interessante, grazie marina !

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  3. A questo proposito mi permetto di segnalarti degli appelli che si possono sottoscrivere sul sito di Amnesty International:
    http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2989

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  4. @Michael: grazie per a segnalazione!

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  5. Condivido il tuo desiderio per l'Iran. Leggo con piacere questo tuo post. Grazie

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