mercoledì 30 giugno 2010

conservazione

Ci sono circostanze in cui tutti i desideri si spengono, tutte le fantasie, i sogni, le ambizioni, le passioni, le fantasticherie e via e via dicendo, semplicemente ricadono su se stesse atone, ottuse, più che spente, assenti. E resta solo il desiderio della conservazione della propria realtà. La sola, l'unica cosa che si desidera, e che persino ci si ricorda di aver mai desiderato, è che tutto si conservi così com'è. Con le sue incongruenze, le sue delusioni, le sue insoddisfazioni, con i problemi e le difficoltà e le lacerazioni e le rabbie; e le malinconie e il dolore presente, persino. E questo ci sembra di poterlo sostenere in eterno purché non ne sopraggiunga un altro.
Ogni nostra energia è concentrata solo nel trattenere la nostra realtà presente, così com'è, esattamente così com'è. Non ha alcuna importanza quanto difficile o dura o spaventosa o lamentevole essa sia. Quello che si desidera è solo che resista, che permanga, che ce la faccia a restare così com'è. Sentiamo di poterla tollerare in eterno purché non sopraggiunga un'altra e più spaventosa realtà. Ha dell'incredibile quanto possano ritirarsi i nostri desideri, come un panno troppo strizzato in acqua troppo calda, rimpicciolirsi, ridursi e ridursi, stringersi all'essenziale: che tutto si fermi, qui e così. E tutte le nostre energie sono solo conservative, perché conservare è la cosa che prima di ogni altra i nostri geni hanno imparato e portano iscritto in sé. Qualunque orizzonte perde di fascino, della minima attrattiva, di sapore, colore, odore. Il più fulgido dei giorni futuri ci lascia indifferenti. Conservare è il solo grido che promana dal nostro essere. Conservare il presente, proteggerlo, difenderlo, fargli scudo col proprio corpo. E se guardiamo a quelle costellazioni che fino a poco fa chiamavamo i nostri desideri, le vediamo fredde e lontane, nel buio senza confini del nostro timore e il cielo della nostra esistenza ha un unico astro amichevole: l'oggi faticoso, affranto, difficile ma noto che ci stringiamo al petto.


giovedì 24 giugno 2010

recente scoperta


NEL 2001 ERA COSì.


POI È DIVENTATA COSI

POI COSI


QUANDO LE PIANTE AVRANNO RAGGIUNTO I PREVISTI 12 METRI FORMERANNO UNA VERA VOLTA COME IN UNA CATTEDRALE GOTICA.

E poi?
E poi il bosco presumibilmente avvolgerà la cattedrale di piante, la farà sua, l'ingloberà nel suo abbraccio vegetale. Nessun rimpianto da parte dell'artista, Giuliano Mauri, che ha dell'effimero un concetto più ampio di quello comune. Benché io sia appassionata amante delle testimonianze dell'arte classica ammetto che un'opera d'arte che ridiventa natura è non solo più eterna del marmo ma anche più viva. E penso che una chiesa che respira, verde nel verde, e cresce e muore e continua a vivere in altra forma esprime una spiritualità meno artefatta di tante sontuose cattedrali.

La cattedrale vegetale si trova in Val di Sella, nel Trentino.


mercoledì 23 giugno 2010

piccoli mostri crescono

Siedo nella sala d'attesa della pediatra di Tommaso, di fronte a me quattro sedie vuote. Tommaso siede di fronte a me. Sedie libere tre. Entra una giovane mamma con una bimba di circa quattro anni e con tata indiana al seguito. Le due donne siedono, e la bambina trotterella nella stanza. Resta libera una sedia. La bimba prende una palla dal cesto dei giocattoli e la mamma si alza e prende a giocare con lei. Sedie libere due. Entra una Seconda mamma con due bambini. Età presunta sei e otto anni. Tommaso si alza, non per cedere cavallerescamente il posto ma, credo, per stare più vicino a me. I nuovi arrivati siedono tutti e tre, occupando anche la sedia della Prima Mamma. La tata resta seduta. Sedie libere nessuna. La bambina dà immediatamente segni di irritazione. Prende la madre per i calzoni e la porta di fronte alla sua ex sedia ora occupata dal bambino di sei anni.
Insiste perché la madre si sieda facendo alzare il bambino. La madre sembra dilaniata dal desiderio di soddisfare la richiesta della figlia e l'imbarazzo. La Seconda Mamma è assorta nei suo pensieri, siede un po' accasciata sulla sua sedia e ignora del tutto la faccenda. Allora la Prima Mamma fa alzare la tata. Ma non si siede, lascia vuota la sedia e la bambina raccoglie da terra la borsa materna e apparentemente soddisfatta la piazza sulla ex sedia materna. Nessuna sedia libera. Riprendono a giocare. Il bambino di sei anni si alza e va a frugare nel cesto dei giocattoli. Quando torna indietro la sua sedia è occupata. La bambina ci si è seduta e vuole continuare a giocare a palla con la mamma stando seduta: ha ripristinato esattamente lo stato dei luoghi prima dell'ingresso della Seconda Mamma con i due bambini: due sedie per il suo clan. La Prima Mamma ride, un po' imbarazzata, un po' compiaciuta dalla scaltrezza della sua pargola. Il bambino di sei anni è un po' sconcertato, poi filosoficamente si siede in terra. Il fratellino più grande si alza, lo prende in braccio e si risiede. La Seconda Mamma è sempre più assorta. In piedi accanto a me, Tommaso è intento ad osservare. Entra una Terza Mamma, con un bimbo di pochi mesi in braccio. Scorge la sedia occupata solo da una borsa e si guarda intorno per chiedere che venga liberata. La tata si affretta a togliere la borsa della sua datrice di lavoro e la Terza Mamma si siede. La bambina si alza impetuosamente, strappa la borsa di mano alla tata e si piazza di fronte alla Terza Mamma scandendo bene: è la sedia di mamma. La Terza Mamma le sorride benevola e prende a trastullare il piccolo. La Seconda Mamma ignora la faccenda, la Prima Mamma si china verso la figlia e le dice: "Non vedi come è piccolo questo bambino? Su giochiamo, mamma non si siede." Ma la piccola proprietaria di sedie, oltre che scontenta, è tenace. Resta lì di fronte alla Terza Mamma che è tutta presa dal suo bambino. "Non voglio giocare, replica alla mamma, voglio che tu stai seduta vicino a me. Giochiamo sedute." Io, che da tempo avrei sbattuto fuori della finestra mamma e figlia, fremo e mi mordo la lingua. Entra una Quarta Mamma con un bambino sui nove, dieci anni. Restano in piedi sulla porta. Mi alzo perché tocca a noi entrare dalla dottoressa.
Durante la visita scommetto fra me e me che la Prima Mamma si è seduta al mio posto. Quando usciamo invece la situazione è questa: la mia sedia è occupata dalla Terza Mamma col piccolo di pochi mesi. La bambina è riuscita in qualche modo a farle cambiare posto e ora siede accanto alla madre nelle due sedie occupate all'inizio. La Quarta Mamma siede accanto a loro. La tata è in piedi con la borsa della sua datrice di lavoro. La Seconda Mamma siede al suo posto e i due fratellini sono in piedi. Mi avvio lentamente verso il tavolo della segretaria continuando a guardare la scena. La Prima Mamma e la bambina si alzano per entrare dalla dottoressa. La bambina lo fa a malincuore, volge lo sguardo indietro verso le sue sedie. Con un sorriso dolcissimo la Seconda Mamma, che era molto meno assorta di quanto io credessi, si china verso di lei e le fa: Vedi, non puoi portartele appresso. Mentre scendiamo per le scale Tommaso fa un solo commento: Era antipaticuccia quella bambina. E la mamma era più antipaticuccia di lei, confermo.

martedì 22 giugno 2010

per claire ulrich di Wikio

Ciao Claire, la mia mail è emmepi43@mclink.it. Compare nel mio profilo.
Sono contenta di entrare nel mondo wikio!
buon lavoro, marina

domenica 20 giugno 2010

parole da salvare/quattro

Lo capisco, non è fondamentale. Forse suona un po' come un impaccio nel discorso. Ma io amo molto allorquando. Malgrado la sua aria un po' vecchiotta (del resto lo usiamo dal 1261!) io ne difendo l'assoluta precisione. Allorquando non è come dire quando. È piuttosto "proprio quando", "nel momento in cui" e quindi ad usarlo il discorso è più preciso e anche più lesto. Anche lesto se ne sta andando in disuso. Peccato, ha un così bel suono, quasi onomatopeico, sembra il fruscio di un gatto che scompare dietro l'angolo lasciandoci solo intuire il suo passaggio.

Lesto lesto allorquando si allontanò.
Rimpiangeremo il giorno in cui se ne andò...

sabato 19 giugno 2010

ode al libro

Pensierino dopo una notte di lettura (Tempo d'estate di John Coetzee)

Se sapessi scrivere inni alla maniera di Manzoni, accoppiando due senari autonomi in un dodecasillabo potente, scriverei un inno al libro. Se avessi familiarità con l'endecasillabo ipermetro di Montale, pure scriverei un'ode al libro. Qualunque dimestichezza avessi col versificare l'userei per lodare il libro. Perché dal libro si vede il mondo (come sembra suggerire Quint Bucholz) e sé stessi nel mondo. Nel libro riposo e mi ritempro, mi rifugio e mi metto in salvo, cresco e scaccio la mia povertà, mi cullo e mi risveglio, torno a me e trovo la forza per tornare al mondo.
Finché esisteranno libri da leggere sarò salva.


venerdì 18 giugno 2010

cosa sogna Josè?


"Dormì ciascuno come poté, con i propri sogni segreti, ché i sogni sono come le persone, magari simili, ma mai uguali e tanto poco esatto sarebbe dire Ho visto un uomo, come Ho sognato dell'acqua che scorreva; non basta questo per sapere che uomo era né che acqua scorreva, l'acqua che scorreva del sogno è acqua solo del sognatore, non sapremo che cosa significa scorrendo se non sappiamo che sognatore sia questo e così andiamo dal sognatore al sognato, dal sognato al sognatore..."

Josè Saramago si è addormentato un'ultima volta ieri a Tias. Aveva 87 anni. Era visionario e combattente, militante e poeta, irregolare e rigoroso. Ha saputo trasformare la Storia in visioni e sostanziare le visioni nella Storia. Era scandaloso quanto si può e quanto, secondo la sua opinione, si deve.

giovedì 17 giugno 2010

conflitto di interessi

Consentitemi un piccolo conflitto di interessi. Voglio presentarvi il libro di mio marito.
Ugo Petrossi: Le alghe: un viaggio a ritroso nel tempo. Editore Aracne, Roma.
Il libro risponde a due sue grandi passioni: il mare e la biologia. Unite al suo amore per il disegno. >Le illustrazioni infatti sono tutte sue. Nel libro Ugo ripercorre l'evolversi della vita nelle acque del pianeta e la sua prepotente emersione "contro le difficoltà di un mondo deterministico da un lato e un mondo in preda all'arbitrio e al caso dall'altro." È un testo rigorosamente scientifico (non posso dire di averlo compreso tutto) ma è anche una storia avventurosa che illustra le strategie attraverso cui le prime forme di vita si sono radicate sulle terre emerse e poi diversificate dando luogo alla ricchezza del nostro mondo. Il libro, pubblicato da una piccola casa editrice romana, è stato selezionato come finalista del premio internazionale "Il libro del Mare 2010" del Comune di Sanremo, nella sezione Saggistica.
Il premio non è dei più noti, ma è molto serio e vanta partecipanti e vincitori prestigiosi come Daniele Del Giudice, Claudio Magris, Predag Matvejevic, Gian Antonio Stella ed altri. La premiazione avverrà sulla Amerigo Vespucci, il bel veliero nave scuola della Marina Italiana.


rinforzi/rinforzare

Guardavo il muro rinforzato agli spigoli da quei rivestimenti in acciaio o plastica che si mettono sugli angoli per proteggere le pareti dagli urti ed evitarne la scalfittura. Rinforzi analoghi vengono messi nelle sale d'attesa degli uffici dietro le spalliere delle sedie, per evitare che rovinino il muro. Ne capisco la funzione. Evitano quel brutto effetto di sbrecciato che si produce a forza di urti e la spesa conseguente per rinfrescare i muri. Ma li ho sempre trovati brutti. La loro funzionalità non è mai riuscita a riscattare ai miei occhi la loro sostanziale bruttezza. Ma una sera, nella stanza giallina, è come se li avessi visti con occhi nuovi. Ho visto la loro forza amorevole, la cura sollecita con cui proteggono la fragilità dell'intonaco. Li ho desiderati così tanto! Qualche rinforzo, acciaio o plastica, bello o brutto, qualche rinforzo anche per me. Rivestirne non solo i miei angoli (sono poco spigolosa) ma la carne del mio corpo e del mio spirito. Forse la bruttezza non esiste? È il nostro sguardo che non sa vedere a fondo, o è la povertà della nostra esperienza che non sa suggerirci a pieno la funzione di ogni cosa reale? Esiste forse solo la bellezza. E consiste di ogni gesto protettivo, non importa verso cosa o verso chi. In effetti anelo a sentirmi protetta proprio mentre sono chiamata a proteggere. Ce l'ho sempre fatta, mi dico. Rinforzi o non rinforzi ce la farò anche questa volta.

Più tardi, riflettendo, mi viene in mente l'espressione "il vento rinforza" e il rinforzare del vento non è certo foriero di protezione per i marinai. Ma gli uomini di mare sanno come affrontare il vento. Si apprestano vele più robuste o si aumentano i giri del motore. Io mi chiamo marina. La vulgata familiare dice che sia stato mio padre a scegliere il mio nome, mio padre che amava, rispettosamente, il mare. Dunque se sono marina saprò anche affrontare i venti e le onde e i picchi e gli spruzzi.
In questi giorni al mare penso spesso. Papà Freud sa perché. È il desiderio di essere ancora ben protetta in un ventre liquido, il desiderio di non essermi mai affacciata all'aere.
Pensavo spesso al mare anche diciannove anni fa, durante la burrasca che cambiò la mia vita.
In fondo sono ancora qui. No, la salsedine aspra che mi ha ricoperta in quei giorni, non mi si è mai scrostata di dosso, ma sono ancora qui. Quanto al porto, il porto cui ogni uomo di mare, contraddittoriamente con il suo destino e la sua voglia di navigare, anela, il porto è solo un'idea, è un miraggio, è uno scherzo della luce. In porto non si arriva mai. O solo brevemente e allora occorre rifornirsi in fretta di acqua dolce e della solidità buona della terra, perché il porto è solo un attimo.

mercoledì 16 giugno 2010

il nuovo giorno

È come se avessi portato un drenaggio anche io. Ha riversato fuori di me tutte le mie energie, andandole a prendere fino nei serbatoi più riposti. Mi ha lasciata svuotata. Intanto però mangiavo come una forsennata. Ho sempre l'impressione di dover mangiare molto, di dover ingurgitare energia calorica per affrontare le prove più difficili. Così invece di dimagrire, come accade alla maggior parte delle persone, io ingrasso. All'apparenza bella florida in realtà sono floscia come lo straccio della rigovernatura. Stamattina sul mio terrazzo le rondini impazzano, tracciando le loro fameliche traiettorie. Il loro disordine risponde invece all'ordine del mondo: ognuno mangia qualcun altro.
La gatta di mia figlia le offre orgogliosa la sua preda: la merla delicata che poco fa saltellava sul nespolo. Inorridiamo, è vero, ma si può chiedere ad una gatta, anche se domesticamente ben pasciuta, di sovvertire il suo istinto, quando noi stessi, sapiens sapiens come ci piace chiamarci, obbediamo ancora all'istinto della foresta e ci mangiamo l'un l'altro?
Non sembra un buon pensiero per ben introdursi nella nuova giornata, ma tutto ciò ha comunque un risvolto positivo: siamo nel ciclo, forse basta abbandonarvisi e tutto si risolverà per effetto della legge del divenire. Prendo la mia colazione abbondante, accolgo l'azzurro del cielo striato di voli di rondine e metto il piede destro nel nuovo giorno.

lunedì 14 giugno 2010

l'odore

È uno strano connubio. L'aria colma del profumo dei rincospernum che traboccano da ognuno dei mille balconi dei palazzi della zona e che entra dalle grandi finestre nel lungo corridoio immacolato e insieme l'odore forte dei disinfettanti, degli eteri, delle medicine che galleggia sul tintinnio di tazze e piattini, sui passi affrettati delle infermiere, sul richiamo ansioso dei campanelli. Credo che mi resterà attaccato addosso questo odore così impiastricciato e così ambiguo che spinge il cuore a dilatarsi di vita e di speranza e insieme a stringersi di paura e di tremore. Ma oggi si torna a casa.

venerdì 11 giugno 2010

prendere un bel respiro di poesia...


Robert Frost


TWO roads diverged in a yellow wood,
And sorry I could not travel both
And be one traveler, long I stood
And looked down one as far as I could
To where it bent in the undergrowth; 5

Then took the other, as just as fair,
And having perhaps the better claim,
Because it was grassy and wanted wear;

Though as for that the passing there
Had worn them really about the same, 10

And both that morning equally lay
In leaves no step had trodden black.
Oh, I kept the first for another day!
Yet knowing how way leads on to way,
I doubted if I should ever come back. 15

I shall be telling this with a sigh
Somewhere ages and ages hence:
Two roads diverged in a wood, and I—
I took the one less traveled by,
And that has made all the difference.



sabato 5 giugno 2010

equilibristi


"La vita trascorre nell'oscurità: parole non dette, gesti tralasciati in tempo, silenzio e paura, ecco che cos'è la vita, quella vera. L'equilibrio della famiglia è fragile, così come quello di ogni organismo vivente."
Sandor Màrai
Confessioni di un borghese


C'è qualche cosa nel suono della parola equilibrio che mi incanta. Ripeterla ha persino un effetto distensivo su di me. Equilibrio, equilibrio. Una piccola emissione di voce per dire equi e poi si scivola piano su quel librio ruscellante. Equilibrio equilibrio...
Possiamo farci adoratori di ogni eccesso ma niente ci fa meglio che arrivare a toccare l'equilibrio.
Per questo restiamo incantati a guardare l'equilibrista che fa il suo esercizio millimetrico: perché non c'è tra di noi chi non sappia quanto la prova dell'equilibrio sia difficile e quanto rassicurante sia raggiungerlo.


venerdì 4 giugno 2010

programma minimo

Non le ho neanche viste le belle mattine di maggio. Eppure qualcuna deve essercene stata. Ma le mattine di giugno, e mi impegno a farlo, voglio guardarle tutte: non voglio ignorare la luminosità del mondo.

giovedì 3 giugno 2010

per Niki e per la sua mamma Ornella

CONVINTAMENTE PARTECIPO A QUESTA INIZIATIVA PER FAR LUCE SULLA MORTE DI NIKI APRILE GATTI. NON DOBBIAMO STANCARCI DI CHIEDERE LA VERITA'. LE MIE MAIL SONO GIA PARTITE. GRAZIE.

E' stata promossa da alcuni blogger l'iniziativa di spedire questa e-mail al Tibunale di Firenze e al Ministro di Giustizia di San Marino, nell'estrema speranza di riattenzionare Niki, il testo è questo:


"Gentilissimi Procuratori Canessa e Monferini,


Sappiamo che state indagando su una inchiesta molto complessa ed importante: l'inchiesta Premium.

Tale inchiesta coinvolge alcune società informatiche e telefoniche , tra cui la Sammarinese Oscorp.

All'interno di quella Società, incensurato e disposto a parlare per fornire ogni dettaglio utile alle indagini, c'era Niki Aprile Gatti il quale fu arrestato per truffa insieme ad altri appartenenti alla società Oscorp.

Egli fu l'unico ,fin dal primo istante, a voler collaborare con la Giustizia, avendo la coscienza pulita.

Ci sono, a mio avviso, molti elementi che indicano come questa morte sia strettamente connessa con l'inchiesta di cui vi state occupando. Inoltre, anche grazie a numerosi articoli di giornale, si evince l'ombra della criminalità organizzata.

E' per questa ragione che sono qui a chiedervi di considerare l'ipotesi di allargare gli orizzonti della vostra indagine anche sulla morte di Niki Aprile Gatti
soprattutto alla luce del furto in casa di NIKI,per il quale il tribunale di Avezzano ha rinviato a giudizio la persona per appropriazione indebita: tra i beni sottratti ci sono anche i due Computer che il ragazzo possedeva.

Tutto questo, non solo per dare speranza di verità ad una madre affranta, ma proprio per stabilire la verità su una morte che troppo frettolosamente é stata archiviata come suicidio."


Con stima

(Firma di chi spedisce la e-mail.)

Le e-mail vanno spedite a questi due indirizzi di posta elettronica:


procura.firenze@giustizia.it (ITALIA)

e
segreteria.giustizia@gov.sm (SAN MARINO)

E' chiaro che il buon esito di questa iniziativa si avrà con il massimo delle adesioni possibile!!!

Grazie a tutti quelli che le spediranno!!



elogio del giallo

C'è giallo e giallo, naturalmente. Ma io parlo proprio di quelli fatti solo di un assassinio, una caccia e la scoperta del colpevole. Nessuna ambizione letteraria, solo una trama, fatta di mistero, brivido e svelamento. Brutali, in un certo senso. Ci sono circostanze della vita in cui io li consumo come una droga. Quelli Mondadori si leggono in un paio d'ore. Due ore di anestesia totale.
Poiché non me ne resta niente il loro prezzo mi sembra sempre troppo alto. Ma non si lesina sui medicinali.
Comunque esistono negozietti specializzati in vecchi gialli venduti a metà prezzo che passano di mano in mano da trenta, quarant'anni. Infatti è possibile riportarli, vederseli valutare e prenderne altri in cambio. Sono frequentati da collezionisti appassionati del genere e, suppongo, da gente come me che va in cerca della potente forma di risucchio mentale, senza rischio di riflessione, che solo i gialli-gialli garantiscono. Quello che ne fa un'arma vincente contro l'ansia è la loro capacità di impedire ogni identificazione con i personaggi. Questi sono semplici caratterizzazioni. I loro sentimenti sono stereotipati, impersonano un vizio o una passione senza mai suscitarla. Sono maschere e non ci toccano. La lettura non attiva nessun meccanismo che possa farci penare o gioire con loro. Ci attacchiamo alla trama e quella ci porta con sé sottraendoci a noi stessi e alle nostre trame. Bisogna però avere l'accortezza di scartare i grandi classici, i maestri del giallo, quelli che al brivido sanno dare un'anima. Questi vanno evitati come la peste. Grande invenzione i gialli-gialli.
Me ne comprerò una carrettata.