sabato 24 novembre 2012

per Silvia su Uccidersi a 15 anni


Cara Silvia, potrei sottoscrivere ognuna delle tue domande così arrabbiate. E sapessi quante volte mi sono indignata e arrabbiata come te per ognuno degli esempi che fai! Non solo perché sono stata una insegnante, fatto in fondo trascurabile, ma perché da molti anni penso che la scuola sia il capro espiatorio su cui la società intera scarica le sue responsabilità nei confronti dei giovani. E questo nello stesso momento in cui le toglie ogni autorevolezza, riducendo la figura dell'insegnante a quella di un "fallito" , uno “sfigato”, senza nessun riconoscimento sociale (basta pensare a come lo tratta economicamente e normativamente). E, per ragioni troppo lunghe da spiegare, il ruolo dell' insegnante  ha quasi completamente smesso di essere rispettato. Eppure gli insegnanti -per la maggior parte- tentano ancora con fatica e con sacrificio personale di essere una positiva figura di riferimento e di riparare, come possono, ai tanti danni che altre agenzie educative compiono.
Io partirei dalla famiglia. La famiglia oggi è sempre più incapace di educare i propri figli, delega sempre di più proprio alla scuola il suo compito educativo, nel desiderio di alleviare il peso delle proprie responsabilità e di alleggerirsi la coscienza dei propri errori e colpe. Ma mentre delega alla scuola quello che sarebbe il SUO compito educativo, rispetto alla figura dell'insegnante assume un tratto se non di disprezzo, quanto meno di noncuranza. E per il futuro dei propri figli desidera ben altro e a loro suggerisce ben altre vie di realizzazione nella società presentando loro quella dell'insegnante appunto come la figura di un fallito.
E poi. Odio la parola valori ma nella nostra società prevalgono valori fatti apposta per rendere insignificante la figura dell'insegnante. A me sembra che  la scuola sia lì solo come paravento di un fallimento più generale, collettivo.
Dopo la famiglia metterei tutte le figure pubbliche, quelle che creano il clima culturale di un paese per la loro visibilità, direi anzi per la loro invadenza nella nostra vita. I media arrivano con prepotenza e con una grande potenza di fuoco nelle vite dei nostri giovani. E che modelli propongono? Che storie raccontano? La parola d'ordine è poi che la televisione non deve essere educativa e meno che mai lo stato nelle sue articolazioni. Per carità, lo stato  etico! (così con un voluto fraintendimento si è risposto ad ogni appello, ad ogni richiesta di eticità nella sfera pubblica).  Nessuno poi chiederebbe mai e poi mai alla classe politica (lasciamo perdere la sua degenerazione ché la radice è molto più lontana) di essere guida del sentimento collettivo e NON di seguirlo, blandirlo, lisciargli il pelo per ottenerne il favore. Una volta i partiti incanalavano la più disordinata e meno razionale vitalità (rabbia, voglia di prevalere, autoaffermazione egoistica, rancori di classe ecc) in forme che erano sì rappresentative (nel senso proprio letterale) ma prima ancora rielaborative, e trasformative, formative in direzioni più meditate e si assumevano anche- perché no, voglio dire la parola oscena- una funzione pedagogica. 
E poi ci siamo tutti noi; che non siamo insegnanti, non siamo politici, non siamo intellettuali, non siamo commentatori e polemisti. Che conduciamo le nostre vite indifferenti. E se un giovane si stravacca sul sedile dell'autobus mentre la donna incinta o un vecchio si difende nella calca, non sentiamo mai il dovere civile di dirgli, ragazzino smetti di messaggiare o ascoltare musica e alzati. Come le volte in cui di fronte alla barzelletta derisoria della omosessualità che ci arriva all’orecchio ci limitiamo a scuotere la testa senza intervenire. Questi sono esempi minuscoli, forse ridicoli ma le situazioni in cui ogni adulto sarebbe chiamato a svolgere la sua piccola ma doverosa parte educativa possono essere moltiplicati per mille.
Io penso e da sempre, che è la società tutta -che poi significa uomini e donne in carne ed ossa nelle loro normali quotidiane vite- abbia il compito educativo, nessuno escluso.
Questo non significa-vorrei eliminare ogni equivoco- che considero tutti gli insegnanti, eccezioni miracolose. Ce ne sono di buoni, di cattivi, di pessimi. Ma respingo categoricamente l’idea, ormai acquisita, che la colpa dei più minuti o macroscopici comportamenti di eccesso o autodistruzione dei giovani sia della scuola e dei suoi insegnanti. Ti dirò di più, questa idea mi fa incazzare, come potrebbe testimoniare parecchia gente che mi conosce.
Forse questo discorso lo avrei dovuto scrivere ieri. Ma provavo rabbia, dolore, indignazione e tanti altri sentimenti confusi e ho scritto così  di getto, senza spiegare il mio pensiero. Evidentemente ho scritto male se ho potuto generare in te un equivoco così grosso.
Però se mi rileggo debbo almeno riconoscere di non aver tradito me stessa: non solo non ho mai scritto la parola insegnante ma ho parlato di di società e sempre alla prima persona plurale. NOI abbiamo fatto tanto soffrire quel ragazzino, NOI lo abbiamo lasciato solo, NOI non lo abbiamo capito, accettato, accolto, sostenuto, difeso: NOI lo abbiamo perso. E fra un mese, se non una settimana NOI lo avremo dimenticato.

P:S: In aggiunta, così una osservazione rivolta  A TUTTI NOI: Non è vero che mentre guardiamo con simpatia le folle che sfilano per le strade per il rinnovo del contratto di lavoro, invece osserviamo un po’ indifferenti, un po’ a disagio sfilare il corteo di omo e trans? E certo non ci uniamo a loro. Come per tante altre cose non sono i grandi principi che trasformano la realtà ma i piccoli quotidiani diffusi comportamenti.
Sono stanca, magari possiamo continuare a parlarne un’altra volta
Con simpatia, marina

7 commenti:

  1. Prof.sa lei ha tutto il mio accordo e la mia stima. Il figlio di due insegnanti.
    Non ho capito se Twitter ti ha stimolato sul blog o se invece avevi solo bisogno di un po' di pausa: a me non ha fatto il medesimo effetto.

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  2. Precisazioni sacrosante e che condivido in pieno, come puoi immaginare.
    La famiglia è la prima agenzia educativa.
    La seconda è la scuola.
    La terza è la società.

    La prima è spesso assente, impegnata com'è ad assicurare ai figli i beni meno necessari, quelli materiali, oppure distratta, oppure egocentrica, oppure stravaccata sul divano in balìa del niente, a strafogarsi di cibo spazzatura e bere tutto ciò che trasmette la tivù spazzatura, oppure ...
    Tutti su fesso-chi-bukka in allegria!!

    La seconda è spesso un'isola, non quella dei famosi, l'altra, quella degli sfigati, come dici tu, dove eroici robinson aiutati da fedeli servitori tentano di recuperare a una nuova civiltà i naufraghi giunti a bordo di scialuppe a pezzi, o se preferisci un deserto, dove profeti quasi afoni parlano a ragazzi quasi sordi.

    La terza ... si fa i cazzi suoi, perchè se un adulto fa un intervento educativo nei confronti di un bambino-ragazzo che si sta comportando male, facile che gli arrivi una denuncia.

    Recuperiamo termini obsoleti, in primis "etica", bellissima parola.

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  3. Cara Marina, prendo due piccioni con una fava. Ti segnalo un blog che secondo me è molto bello, scritto da una donna che mi sembra molto intelligente e ironica.
    E siccome questa blogger è una prof, racconta prevalentemente le sue esperienze scolastiche, e questo si ricollega a ciò che scrivi in questo post:
    http://ellegio.wordpress.com/

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  4. ...non aggiungo altro.Hai fotografato la drammatica realtà di oggi.

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  5. Il suicidio di un quindicenne pesa sulla coscienza di ogni settore della società; d'accordo: in misura maggiore o minore, ma nessuno escluso. Bisognerebbe valutare il caso nei particolari e chiedersi cosa in questo caso la scuola non ha fatto e avrebbe potuto fare, cara prof Silvia. Certo, la stessa domanda va rivolta alla famiglia; a ciascuno il suo.

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  6. ... ma io non sono una prof!
    E in più sai cosa ti dico?
    Che i miei figli hanno finito il liceo da un pezzo, e in quegli anni ho avuto il dispiacere di conoscere ANCHE insegnanti pessimi.
    Mio figlio ad esempio ha avuto un prof psicolabile, un crasso ignorante e una strega, che però almeno sapeva tenere la classe.
    Quando mio figlio faceva il cretino con lo psicolabile e prendeva in giro l'incompetente, l'ho sempre cazziato.
    Quando andavo a parlare coi prof, non ho mai raccontato balle tipo oh ma guardi ma sa quanto studia il mio frugoletto!!
    (Infatti mio figlio non voleva mai che andassi ai colloqui!)
    Quello che mi urta è l'atteggiamento che tanti genitori hanno nei confronti degli insegnanti. Questa difesa d'ufficio del figlio, anche quando è somaro o cretino o bullo.
    Io credo che la scuola possa fare tanto, ma non quanto ci si aspetta comunemente.

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  7. cara Marina hai perfettamente ragione spesso i genitori (non metto il noi perchè io non l'ho mai fatto) sviliscono le figure degli insegnanti dei proprio figli, anche se in taluni casi ci sarebbe da scrivere un poema su alcuni prof, secondo me assumere un atteggiamento sprezzante non aiuta porprio anzie è controproducente, quando i miei figli mi rimproverano che non li difendo mai davanti ai loro professori, io rispondo che sono indifendibili, quello che gli si chiede è solo di studiare e di solito hanno l'età giusta per frequentare la classe che frequentano, e quindi hanno la capacità o meglio dovrebbero avere la capacità di apprendere quello che gli viene spiegato.

    Per quanto riguardi l'altro, il diverso da me, ho sempre cercato di inculcargli una certa tolleranza, e ho cercato di far capire loro che è solo l'ignoranza e la paura che mette in moto atteggiamenti ostili, per miei motivi personali poi partecipo sempre ai cortei dei "diversi", ma come diceva un filmetto: diverso da chi?

    p.s. ti ho nominata in un post a proposito della Munro, mi fai sapere cosa ne pensi?

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