giovedì 31 gennaio 2013

l'enfer c'est les autres: lettura autentica di Jean Paul Sartre

Ho voluto dire "l'inferno sono gli altri". Ma "l'inferno sono gli altri" è stato sempre frainteso. Si è creduto che io volessi dire che i nostri rapporti con gli altri sono sempre avvelenati, che si tratta sempre di rapporti infernali. Invece è tutt'altro che voglio dire. Voglio dire che se i rapporti con gli altri sono contorti, viziati, allora l'altro non può che essere l'inferno. Perché? Perché, in fondo, gli altri sono ciò che vi è di più importante in noi stessi, per la nostra propria conoscenza di noi stessi. Quando noi riflettiamo su di noi, quando tentiamo di conoscerci, noi usiamo in fondo le conoscenze che gli altri hanno già su di noi, ci giudichiamo con i mezzi che gli altri hanno, ci hanno dato, di giudicarci. Qualunque cosa io dica su di me, sempre il giudizio altrui vi è presente. Qualunque cosa io senta di me, il giudizio altrui vi è presente. Il che vuol dire che, se le mie relazioni sono cattive io mi metto in una totale dipendenza degli altri e allora, sì, io sono in inferno. C'è una quantità di gente nel mondo che è in inferno perché dipende troppo dal giudizio altrui. Ma questo non vuol dire affatto che non si possano avere differenti rapporti con gli altri: questo indica solo l'importanza capitale di tutti gli altri per ciascuno di noi.
Jean Paul Sartre



J'ai voulu dire « l'enfer c'est les autres ». Mais « l'enfer c'est les autres » a été toujours mal compris. On a cru que je voulais dire par là que nos rapports avec les autres étaient toujours empoisonnés, que c'était toujours des rapports infernaux. Or, c'est tout autre chose que je veux dire. Je veux dire que si les rapports avec autrui sont tordus, viciés, alors l'autre ne peut être que l'enfer. Pourquoi ? Parce que les autres sont, au fond, ce qu'il y a de plus important en nous-mêmes, pour notre propre connaissance de nous-mêmes. Quand nous pensons sur nous, quand nous essayons de nous connaître, au fond nous usons des connaissances que les autres ont déjà sur nous, nous nous jugeons avec les moyens que les autres ont, nous ont donné, de nous juger. Quoi que je dise sur moi, toujours le jugement d'autrui entre dedans. Quoi que je sente de moi, le jugement d'autrui entre dedans. Ce qui veut dire que, si mes rapports sont mauvais, je me mets dans la totale dépendance d'autrui et alors, en effet, je suis en enfer. Et il existe une quantité de gens dans le monde qui sont en enfer parce qu ils dépendent trop du jugement d'autrui. Mais cela ne veut nullement dire qu'on ne puisse avoir d'autres rapports avec les autres, ça marque simplement l'importance capitale de tous les autres pour chacun de nous.

3 commenti:

  1. Difettiamo di molte cose ed in primis di conoscenza. Maxime quella personale. Credo che la via sia quella tracciata da Borges che dice che alla fine della vita si (dovrebbe) scoprire la chiave del proprio essere. Ma l'ottimismo mi zoppica un po'... Se poi fossimo "specchio" di quello che ci vedono gli altri , allora davvero la con-fusione sarebbe al massimo...
    ciao

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  2. Io credo che sia importante conoscerci anche attraverso ciò che gli altri pensano di noi, anche quando hanno un giudizio che non ci piace. Questo ci costringe a non "affezionarci" all'idea che noi vorremmo avere di noi stessi e essere aperti al cambiamento. Non è facile, ma è una strada da percorrere senza essere succubi di ciò che gli altri pensano di noi.. Sono un po' confusa, ma pazienza.
    Un abbraccio

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  3. Non sono ciò che vorrei essere e non sono come gli altri vorrebbero che fossi. In conclusione, nessuno sa cosa sono.

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Non c'è niente di più anonimo di un Anonimo