giovedì 28 agosto 2014

che cosa ho imparato, che cosa sto imparando/asincronia

Il dolente è asincrono rispetto a tutti coloro che lo circondano. Può succedere anche con persone che hanno subito il suo stesso lutto, proprio lo stesso, intendo, legato alla scomparsa della stessa persona. Ma nessun lutto è del tutto  uguale a nessun altro lutto, il dolore non è sempre lo stesso dolore. Il tempo non è lo stesso tempo. Le relazioni con lo scomparso sono state diverse e diverse restano ora che lo scomparso è scomparso; l’amore è stato diverso –senza gerarchie, ma diverso.
Questo è un dramma nel dramma. E aggiunge dolore a dolore e spesso mina i rapporti tra persone vicinissime, che hanno avuto lo stesso morto, che condividono il morto eppure hanno perso una persona diversa; cosicché altro e differente è il loro dolore e il loro lutto, vivono in modi diversi l’assenza-presenza, la mancanza, l’abbandono.

Talvolta la perdita fa deflagrare antichi conflitti, mai emersi, mai percepiti, o ne crea di nuovi. Nascono sospetti reciproci, lacerazioni, insofferenze, rabbie e solitudini. Nascono dubbi, le vie del dolore divergono e la relazione tra sopravvissuti ne viene intaccata, spesso nel profondo. E nessuna relazione che subisca questa prova tornerà mai com’era, com’è stata. Talvolta migliora, si arricchisce, scopre nuovi terreni di incontro; tal’altra si incrina, s’impoverisce, diventa arida per quanto ci si sforzi e si finga. E nessuno sa se mai potrà ritrovare vita, vivere una qualità migliore, se ne nascerà una più ricca vicinanza. È una scommessa. I dolenti non sanno se la vinceranno. Qualcuno non la vede o finge di non vederla. Qualcuno rimuove. Qualcuno si ribella e si batte. Qualcuno si arrende. Accetta le separazioni ulteriori che si creano nella cerchia dei suoi affetti e questa ulteriore forma della perdita e della solitudine. Che la ritenga meritata o immeritata, l'accetta e si arrende.

venerdì 22 agosto 2014

maternale amore

Le valli oscure del corpo d'amore che il desiderio rende feconde:
è lì che s'incarna la passione: ecco un nuovo aurorale amore che non lascia scelta.
Diventato destino resisterà fino all'ultima valle fino all'ultimo tramonto.
m.p.

giovedì 21 agosto 2014

che cosa ho imparato, che cosa sto imparando/oscillazioni

Il dolente "inconsolabile” è insopportabile anche alle persone più vicine. Egli prende allora a mentire. E scopre che intorno a lui tutti non chiedono altro che di credere alle sue menzogne, tutti chiedono solo di essere ingannati.

I suoi piccoli miglioramenti, reali, progressivi e faticosi, i suoi piccoli passi in avanti che sono sempre oscillatori e incostanti, discontinui, e che comportano un avanzare e un regredire, vengono afferrati al volo e quasi congelati; il dolente viene subito immobilizzato nel suo primo tentativo di “normalità” e da quel punto non potrà più tornare indietro. Implicitamente subito gli viene detto: “Ecco, stai meglio e d’ora in poi starai –dovrai stare- sempre meglio". E tutti prenderanno a trattarlo con il più disinvolto tono consueto, spingendolo sempre più verso un occultamento del proprio dolore. Così gli altri verranno molto infastiditi se un giorno, timidamente, il dolente dirà una frase, anche solo una parola che ancora parli della persona perduta non come persona già appartenente ad un passato mitico, ma appena scomparsa, vicina, al centro del suo mondo, al centro del suo dolore. Il motto degli altri è: non si accettano ricadute.

che cosa ho imparato, che cosa sto imparando/gli esercizi

Ripenso a quello che ha scritto la mia amica Angela sul suo blog

"Se non facciamo del nostro dolore un tempio…è possibile che si riescano ad accettare, col cuore infine… altre angolazioni, altri punti di vista, non fissità ma movimento.


L’idea di una porta socchiusa, non sbarrata".

Io so che Angela ha ragione, che le sue parole contengono il solo possibile germoglio di un progredire. E credo e so che queste parole sono un incoraggiamento che Angela rivolge a se stessa, non un ammaestramento rivolto ad altri.
Perché Angela sa anche, su di sé, che il tempo per l’accettazione, per aprire quella porta sbarrata, non è decretabile dagli altri e neanche dal dolente stesso. E che costui, nascostamente, si sottopone a prove, a esercizi. Alcuni gli procurano una indicibile angoscia, in altri fallisce. Riporta anche piccole vittorie. Ma su queste non può fare affidamento, deve considerarle –per il momento- temporanee, provvisorie, perché cammina su un terreno instabile, avanza in un territorio che alterna tratti di terra solida a improvvisi vuoti, mancamenti, frane.

Qualcuno talvolta si accorge che il dolente ha pianto o lo sorprende a piangere e allora, poiché il tempo trascorso dall'evento tragico è per lui ormai tanto, "sufficiente", gli chiede: “Che è successo?”. Il dolente ringoia il pianto, risponde "niente" e subito si adegua al tono quotidiano della conversazione che per lui è invece fatua, inutile e inconcludente. Si rimbozzola nella menzogna. Viene ricacciato nella menzogna. Perché gli altri non sanno che sta solo facendo degli esercizi.